IL TRATTAMENTO IN IPNOSI PER LA LUDOPATIA
“Nei primi sei mesi del 2017 – afferma Benedetto Palese, presidente di Agcai, l’associazione dei Gestori e dei Costruttori degli impianti di intrattenimento – gli italiani hanno puntato oltre 37 miliardi di euro, una cifra davvero enorme […]. Le persone che presentano forme di ludopatia, secondo una recente indagine, in Italia sono circa 790.000. Di queste, l’86% è disoccupato o cassintegrato, il 43% è indigente, il 56% ha un reddito medio-basso. Ma il dato che più preoccupa – aggiunge il leader di Agcai – è che gli italiani a rischio di patologia sono oltre 1.750.000.”
Allo scopo di definire al meglio gli agiti ludopatici, può essere utile fare riferimento al sito del Ministero della Salute, dove leggiamo che la ludopatia è non è solo un fenomeno sociale, ma è una vera e propria patologia, che rende incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse in denaro.
Ludopatia e gioco d’azzardo rappresentano, dunque, un binomio strettissimo, e i dati sopra riportati rendono conto della necessità di riconoscere i fattori di rischio personali per progettare interventi precoci in grado di scongiurare perdite non solo economiche, ma anche in termini relazionali e socio-affettivi.
Se, prima del 2013, la ludopatia era classificata nell’ambito del gioco d’azzardo all’interno dei disturbi del controllo degli impulsi (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV – DSM IV), la nuova edizione dello stesso manuale, introdotta cinque anni fa e denominata DSM-5, cataloga oggi il gioco d’azzardo nell’area delle dipendenze (addictions) per le similarità con le dipendenze da sostanze d’abuso. Un passaggio interessante, in questa riclassificazione, è la scomparsa dei precedenti atti illegali commessi dal soggetto tra i criteri per la diagnosi del gioco d’azzardo patologico. Sostengo che si tratti di uno spunto significativo poiché rende conto del fatto che la ludopatia sta conoscendo un’ampia diffusione che la vede distribuirsi in fasce della popolazione eterogenee e fortemente integrate nel tessuto sociale, e non ai margini della devianza, come accadeva negli anni passati. Inoltre, il fatto che si tratti di un fenomeno di dipendenza connesso al gioco e non alle sostanze di abuso (alcol, droghe, ecc.) fa si che l’esordio del disturbo passi spesso inosservato alla persona stessa, che il più delle volte ritiene il gioco un passatempo passeggero, socialmente abbastanza accettato, e si accorge di essere caduta in trappola quando i suoi sintomi sono già in uno stadio avanzato.
Ritengo che tanto più precocemente viene pianificato un intervento terapeutico tarato sulla persona e sulle sue specifiche leve motivazionali, quanto più l’intervento stesso può dirsi efficace. Generalmente, il trattamento che propongo ai pazienti che presentano la ludopatia è fondato sull’approccio strategico breve, in grado di intervenire sia sulle credenze disfunzionali (area cognitiva), sia sugli aspetti comportamentali. Allo scopo di rendere maggiormente efficace il trattamento, abbino interventi condotti in trance ipnotica. La trance rappresenta uno stato naturale di coscienza che associa rilassamento alla massima recettività agli stimoli interni ed esterni. Guidare il paziente in stato di ipnosi a partire dell’impiego di tecniche diverse, relative alla soggettività e alla suscettibilità di ciascuno, significa aiutarlo a fissare le conquiste sul piano della consapevolezza delle motivazioni che lo spingono alle condotte ludopatiche. Un lavoro tutt’altro che passivo, poiché, contemporaneamente, al paziente è richiesta una partecipazione attiva per la risoluzione di questo disturbo, sia durante la seduta che nelle ore che distanziano una seduta dall’altra.
Per differenziare il trattamento sulla base delle specificità di ogni singolo paziente, ma anche per conoscere e sondare le leve motivazionali al cambiamento, svolgo sempre un colloquio anamnestico di indagine sul problema e sulle relazioni che il paziente intrattiene, con particolare riguardo all’esplorazione di eventuali compromissioni del funzionamento causate dal gioco. Attraverso il colloquio è, inoltre, possibile valutare la necessità di un consulto psichiatrico che possa offrire la sponda per un più efficace trattamento psicoterapeutico . Sulla base delle risultanze, procedo dando priorità a determinate aree di lavoro, che possono implicare tanto l’intervento su precisi aspetti della personalità (impulsività, ansia depressione, disturbi dell’umore, ecc.) quanto il trattamento finalizzato a confutare il pensiero magico che sempre è presente nei ludopatici. Il pensiero magico rappresenta il responsabile cognitivo che spinge la persona al gioco, suggerendole l’idea che prima o poi il numero ritardatario dovrà uscire (pensiero pseudo statistico), che la slot dovrà pagare, e restituisce al soggetto un’illusione di controllo tanto sulla “fortuna” quanto sul suo comportamento (“smetto quando voglio”). Tali motivazioni pseudo razionali, agli occhi del ludopatico, sono elementi in grado di farlo perseverare nel gioco, allontanandolo dagli affetti, dalle responsabilità, dal lavoro, portandolo in un circuito di distorsioni interpretative che si autoalimentano, e che l’intervento dell’ipnologo psicoterapeuta deve interrompere con prontezza. Attraverso la trance ipnotica lavoro altresì all’individuazione (o alla formazione) di nuove abitudini positive che possano sostituire nel quotidiano il comportamento patologico. Risulta possibile, inoltre, guidare il paziente verso nuove modalità di gestione degli affetti dolorosi, spesso presenti nella ludopatia, fornendo alla persona strumenti pratici per governare il suo cambiamento.
Riferimento bibliografico
American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione (DSM-5), Raffaello Cortina editore