Trattare la claustrofobia con l’ipnosi

 In Quando usare l'ipnosi

Il termine “claustrofobia” ha un’etimologia composita e particolare, in quanto costituita da radice mista greco-latina: dal latino claustrum, “luogo chiuso” e dal greco φόβος, phobos, “fobia”; la claustrofobia è, dunque, la paura di ritrovarsi in luoghi stretti o angusti, privi di ampie e/o evidenti vie di uscita. A dispetto della rara composizione etimologica, la claustrofobia rappresenta un disturbo che conosce una buona diffusione nella popolazione. Dal punto di vista della classificazione, rientra nell’ambito delle cosiddette “fobie specifiche”, ovvero le paure marcate verso situazioni (entrare in ascensore, ad esempio) o oggetti specifici (la vista del macchinario diagnostico per la risonanza magnetica RMN). Vale la pena rifarsi al Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, giunto alla quinta edizione (DSM 5), per chiarire gli aspetti diagnostici connessi con il disturbo claustrofobico. La situazione o l’oggetto fobici, continua il DMS 5, determinano per la persona paura o ansia quasi sempre immediata. Inoltre, il terzo criterio precisa che, a fronte di tale paura terrifica, l’oggetto della fobia viene attivamente evitato dall’individuo, anzi, per porre la diagnosi, tanto la paura, quanto le condotte di evitamento persistono da almeno 6 mesi. I comportamenti di evitamento possono essere molteplici, ma ciò che li accomuna è una condotta intenzionale finalizzata a prevedere o ridurre il contatto con gli stimoli fobici. Un ulteriore elemento per orientare la diagnosi ammonisce che la paura o l’ansia provate dalla persona risultano sproporzionate rispetto al reale pericolo che l’oggetto o la situazione fobica può rappresentare. Ultima indicazione del DSM 5, ma non per importanza, la paura, l’ansia, o le condotte di evitamento provocano per il soggetto disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, o di altre aree significative per il benessere della persona (vita familiare, relazionale, problematiche connesse alla prosecuzione degli studi, ecc.). Rifiutare una procedura diagnostica come la risonanza magnetica, che ha un ruolo determinante in taluni casi per la prevenzione e la terapia di patologie importanti, così come ridurre le visite a un amico che vive all’attico per evitare l’ingresso in ascensore, sono comportamenti, purtroppo abbastanza comuni, che necessitano di essere attenzionati dallo psicologo. Generalmente, la paura dello spazio chiuso, stretto, da cui deriva il terrore di non poter scappare, di non potersi guadagnare l’uscita, rappresenta la presenza di “oggetti interni” paurosi e inaccessibili, a fronte dei quali la paura viene spostata sull’oggetto esterno, in modo da poter essere “evitabile” (Gabbard, 2005).
In considerazione di queste caratteristiche, ovvero della matrice inconscia alla base del disturbo claustrofobico, una psicoterapia combinata con l’ipnosi rappresenta una modalità privilegiata di accesso alla persona e ai suoi contenuti interni. In particolare, quando incontro il paziente claustrofobico, dopo aver approfondito le circostanze e le tempistiche dell’esordio del disturbo nonché le strategie difensive più utilizzate per evitare o fronteggiare la circostanza vissuta come “chiusa” (quelle che noi strategici chiamiamo “tentate soluzioni disfunzionali”), procedo con l’esplorazione del significato simbolico del sintomo, allo scopo di comprenderne il senso all’interno della storia di vita della persona. La trance ipnotica consente di accedere ai contenuti inconsci in tempi brevi e con risultati inaspettati per il paziente, che sperimenta così la preziosa occasione di evocare ricordi lontani nel tempo allo scopo di riformulare vincoli e credenze patogene responsabili dei sintomi attualmente presentati. Grazie alla psicoterapia strategica combinata con l’ipnosi, in particolare di matrice ericksoniana, diventa possibile ottenere la remissione dei sintomi, fondata sull’accrescimento dell’autostima e il rafforzamento dell’Io del paziente, il quale lascia la terapia quando acquisisce la consapevolezza dei propri modelli operativi interni e il governo emotivo degli stimoli che erano in grado di scatenare la reazione fobica.

 

 
Riferimenti bibliografici

 
American Psychiatric Association (2014), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione (DSM-5), Raffaello Cortina editore
Gabbard G. O. (2005), Psichiatria Psicodinamica, Raffaello Cortina, Milano

Gabbard G. O. (2005), Psichiatria Psicodinamica, Raffaello Cortina, Milano

Dott.ssa Maria Novella Grimaldi
Dottoressa Maria Novella GrimaldiDa circa 20anni esperta di ipnosi strategica, ipnoterapia ericksoniana, ipnosi dinamica e regressiva. Laureata in Psicologia a indirizzo applicativo presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e specializzata in Approccio Breve e Strategico. Da anni utilizzo quotidianamente questo approccio insieme all’ipnosi, durante il percorso terapeutico l’attenzione non viene posta sul passato ma sul presente e sul futuro. Questo tipo di intervento si avvale di tecniche specifiche tra cui ricordo il Training Autogeno, la desensibilizzazione sistematica, l’ipnosi etc. Oltre ad usare le tecniche di rilassamento e l’ipnosi in ambito clinico conduco presso l’Istituto per lo Studio Delle Psicoterapie corsi, riservati a medici e psicologi, per conduttori di Training Autogeno, Tecniche Ipnotiche e R.A.T. Mail: marianovellagrimaldi@gmail.com
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