VIGORESSIA O ANORESSIA INVERSA, INTERVENIRE CON L’IPNOSI
Solo nel 1993 venne per la prima volta utilizzato il termine “vigoressia” nell’ambito di una pubblicazione scientifica, intendendo un disturbo psichico che più genericamente è conosciuto come “complesso di Adone”. Ne soffrono soggetti che hanno una percezione distorta del proprio corpo, e per i quali il fitness si trasforma in una ossessione finalizzata a tonicizzare muscoli che, seppur sviluppati e ipertrofici, tali soggetti percepiscono erroneamente gracili e flaccidi. Dal punto di vista della ricerca scientifica, la vigoressia fu classificata nel 1993 da Pope Hg Jr, Katz DL, Hudson JI. La vigoressia è anche conosciuta con il termine “anoressia inversa” e questo rende conto del fatto che, con modalità al tempo stesso uguali e contrarie all’anoressia, gli individui che soffrono di vigoressia risultano del tutto assorbiti dalla preoccupazione del proprio corpo e di come esso appare. Diversamente dai pazienti anoressici, che si vedono eccessivamente in carne anche quando arrivano a pesare meno di 40 chili, i soggetti che soffrono di vigoressia percepiscono se stessi sempre come troppo magri, gracili, poco muscolosi. Ulteriore elemento di raccordo tra questi due disturbi deriva dalla classificazione nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, giunto nel 2013 alla quinta edizione (DSM 5), entrambi categorizzati tra i “Disturbi evitanti/restrittivi dell’assunzione di cibo”. Il DSM 5 descrive la vigoressia come una preoccupazione cronica di non essere sufficientemente muscolati. Gli individui affetti da vigoressia sviluppano una marcata dipendenza dall’esercizio fisico unita ad una attenzione eccessiva alla dieta. Dal punto di vista epidemiologico, si osserva una maggiore diffusione dell’anoressia tra gli individui di sesso femminile, mentre la vigoressia risulta maggiormente diffusa tra gli individui di sesso maschile. Tra i criteri che devono essere soddisfatti per porre la diagnosi di vigoressia, i seguenti risultano particolarmente significativi:
• il soggetto trascorre quotidianamente diverse ore in palestra impegnato in allenamenti di potenziamento muscolare;
• passa parte del suo tempo davanti allo specchio per valutare lo sviluppo muscolare;
• si sottopone a diete iperproteiche, si pesa ripetutamente e fa uso di integratori (nei casi più gravi di farmaci anabolizzanti).
I pazienti che presentano il disturbo di vigoressia, inoltre, vedono compromesso il loro funzionamento globale nei diversi settori di vita, quale l’area relazionale, affettiva, sociale e lavorativa. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali indica inoltre che tali soggetti soffrono di un costante senso di inadeguatezza generalmente correlato con bassi livelli di autostima. Lo smodato allenamento fisico può apparire funzionale a placare l’ansia, scaricare i vissuti di rabbia, frustrazione e sanare un senso di vuoto legato all’inadeguatezza e all’insoddisfazione, cui si associa una reale solitudine dovuta anche all’isolamento derivante dal tempo che questi soggetti spendono in palestra. Proprio tali tratti della personalità dei pazienti con vigoressia costituiscono la base, il substrato, del trattamento psicoterapeutico finalizzato alla risoluzione del disturbo. Una psicoterapia di orientamento strategico breve che integra l’ipnosi quale dispositivo terapeutico considera tali fondamenti della personalità e procede verso il potenziamento delle risorse interne secondo una modalità efficace ed efficiente. Attraverso l’intervento terapeutico in trance si accede alla storia del paziente, viene indagata la presenza di traumi di natura emotiva per prenderne coscienza e scaricarli. Risulta allora possibile procedere alla ricostruzione della storia di vita della persona, dei fatti che sono stati capaci di comprometterne il senso di autoefficacia, delle dinamiche che hanno concorso alla strutturazione di una personalità vulnerabile e che hanno gettato le premesse per lo sviluppo del disturbo. Solo quando il paziente, sostenuto dal terapeuta, riesce a integrare nell’esperienza di vita gli episodi e i circoli viziosi disfunzionali affiorati alla coscienza mediante la trance, egli è pronto a percorrere consapevolmente la strada del cambiamento. Una strada a volte tortuosa dal momento che il terapeuta ha il compito di esplorare e rinforzare alcune tra le leve più significative, quali il senso di autostima e autoefficacia, che generalmente è correlato alle relazioni di attaccamento di cui il soggetto ha fatto esperienza nella primissima infanzia, nonché le emozioni di rabbia, frustrazione e vergogna, verso le quali si tende ad adottare strategie di difesa e, talvolta, di vero e proprio disconoscimento.
Riferimenti bibliografici
Cella S., Buonaiuto M., Miraglies R., Cotrufo P., La reverse anorexia: uno studio descrittivo su 50 bodybuilders, XIX congresso AIP sezione di psicologia clinica, Cagliari, 2005.
American Psychiatric Association (2014), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione (DSM-5), Raffaello Cortina editore