L’ipnosi per risolvere il disturbo ossessivo compulsivo
L’ipnosi e il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC)
L’ipnosi è efficace per risolvere il disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Tale disturbo si caratterizza per la presenza di pensieri o impulsi intrusivi (detti ossessioni), che hanno il carattere della persistenza e dell’incontrollabilità. Ad essi si associa il bisogno, per il paziente, di ripetere determinate azioni o atti mentali allo scopo di placare l’ansia delle fantasie o ossessive.
DOC, non è solo ansia
Nel corso dell’esistenza tutti noi abbiamo fatto esperienza di pensieri non voluti, magari sgradevoli, che si sono ripetuti malgrado la nostra volontà di frenarli. Tuttavia, per porre diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo occorre che tali pensieri causino una compromissione del normale funzionamento del paziente. In buona sostanza, devono generare un notevole disagio per la persona e per le sue relazioni più significative. Nella precedente edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM IV-TR) il disturbo ossessivo compulsivo risulta annoverato nella categoria dei disturbi d’ansia. Tale inclusione era giustificata dal fatto che alla base dei pensieri intrusivi e dei rituali comportamentali e mentali vi è un vissuto di natura ansiosa. Tuttavia, diversi autori contestavano da tempo questa classificazione, riconoscendo al disturbo ossessivo compulsivo alcune peculiarità in grado da configurarlo come un’entità nosografica autonoma. L’ipnosi impiegata per risolvere il disturbo ossessivo compulsivo ha dato notevoli prove di efficacia.
Quando si può fare diagnosi di DOC
A sostegno del sempre maggior numero di ricerche che sottolineano i tratti comuni dei disturbi legati allo spettro ossessivo compulsivo, l’attuale edizione del Manuale, il DSM V, recentemente recepita anche in Italia, ha riconosciuto un capitolo a sé stante a questa categoria nosologica. Rachman e DeSilva affermano che circa l’80% delle persone sperimentano pensieri intrusivi, un’esperienza che coinvolge brevi momenti e che non si presenta con regolarità (Rachman, DeSilva, 1978). A chi non è capitato, ad esempio, di non riuscire a togliersi dalla testa il ritornello di una canzone oppure, ancora, un’immagine spiacevole che preferiva piuttosto dimenticare? E’ stata avanzata una teoria secondo cui i pazienti con disturbo ossessivo compulsivo tentino di sopprimere con maggiore intensità tali pensieri o immagini mentali. Proprio ciò li porterebbe all’effetto paradosso di concentrare maggiormente l’attenzione su di essi (Rachman, 1997).
Il paziente che presenta DOC
Il paziente affetto da questo disturbo è pienamente in grado di riconoscere come assurdi o irragionevoli i pensieri ossessivi e i comportamenti compulsivi, e tale consapevolezza rende ancora più penoso il suo vissuto. In effetti, pur riconoscendo che i percorsi della sua mente hanno un contenuto irragionevole e che non esiste un reale nesso con l’agire compulsivo, la persona non può fare a meno di elaborare determinati contenuti di pensiero a cui associa specifici rituali allo scopo di calmare l’allarme emotivo.
Le ossessioni
I contenuti più comuni delle ossessioni hanno a che vedere con la paura della contaminazione, con i pensieri di ordine e simmetria, con il dubbio patologico che può spingere alla paralisi decisionale. Gli studi di brain imaging hanno suggerito un’anomala attivazione di tre aree cerebrali nei pazienti con disturbo ossessivo compulsivo:
- la corteccia orbito frontale,
- il nucleo caudato
- il giro del cingolo anteriore.
In effetti, quando le persone che soffrono di questo disturbo sono esposte agli oggetti o alle situazioni che scatenano i loro sintomi, si assiste a un aumento dell’attività a carico di queste tre aree cerebrali (McGuire et al., 1994).
L’integrazione dell’ipnosi nel progetto terapeutico
Una scelta strategica per ottimizzare le chance di remissione della sintomatologia ossessiva è rappresentata dall’integrazione dell’ipnosi nella pianificazione del progetto terapeutico. L’impiego delle tecniche ipnotiche può essere efficace rispetto a due obiettivi: intervenire sulle aree cerebrali coinvolte nel disturbo e indurre un rilassamento finalizzato a placare il vissuto ansioso soggiacente. La possibilità di agire contemporaneamente su questi due obiettivi rende l’ipnosi adeguata a risolvere il disturbo ossessivo compulsivo.
L’intervento sulle aree cerebrali coinvolte nel disturbo e l’induzione di rilassamento
Rispetto al primo obiettivo, recenti ricerche hanno dimostrato che esiste una sovrapposizione tra le aree cerebrali su cui l’ipnosi può agire e le aree che presentano un’alterazione del funzionamento nei pazienti con DOC. In particolare, la tecnica della dissociazione ipnotica consente di procedere a una scissione dell’esperienza ossessiva grazie alla quale risulta possibile depotenziare le componenti dell’idea intrusiva e del ritualismo ad essa associato, portando il paziente a amplificare la consapevolezza sugli elementi in grado di promuovere in lui vissuti maggiormente funzionali. Inoltre, in riferimento al secondo obiettivo, l’ipnosi è una tecnica che facilita allentamento della tensione muscolare e nervosa.
L’ipnosi lavora sulle compulsioni
Come è stato precedentemente argomentato, le persone che soffrono di questo disturbo sono vittime di pensieri o immagini di carattere intrusivo che hanno l’illusione di governare attraverso l’attivazione di specifici comportamenti, detti compulsioni. Le compulsioni sono finalizzate di ridurre la tensione del soggetto, che riesce a provare un sollievo momentaneo proprio grazie alla messa in pratica di cerimoniali o alla ripetizione di precise condotte. Intervenire con l’ipnosi rende possibile per il paziente l’ingresso in uno stato di distensione fisica ed emotiva che gli consente di scardinare la connessione magica che lega il pensiero ossessivo al comportamento compulsivo e, guidato dal terapeuta, egli è invitato ad apprendere una nuova modalità, più efficace e duratura, per gestire i vissuti ansiosi.
Il bisogno di tranquillità mentale ed emotiva
Il progetto terapeutico con le persone che soffrono di questo disturbo può includere uno specifico training al rilassamento, grazie al quale il terapeuta insegna al paziente a mettere a punto nuove strategie per raggiungere uno stato di tranquillità mentale ed emotiva. L’ipnosi si è dimostrata efficace in diversi ambiti di intervento, come nel disturbo di accumulo o nello shopping compulsivo, che hanno una matrice comune con il DOC.
La letteratura scientifica sull’integrazione terapeutica dell’ipnosi
La letteratura scientifica su questo tema ha conseguito diverse dimostrazioni di efficacia. A tal proposito, riporto gli esisti di un caso clinico descritto da C. Frederick. L’autore ha riferito il caso di un dentista di 30 anni, con disturbo ossessivo compulsivo. A causa della sua estrema paura di contaminazione durante l’esecuzione delle procedure odontoiatriche, il soggetto era solito utilizzare ben tre mascherine a copertura della bocca e strati multipli di guanti. Attuava, inoltre, diverse pratiche di controllo e riportava un eccessivo rimuginio che accompagnava le diverse fasi del suo lavoro.
I risultati
Frederick riferisce che dopo un anno di terapia settimanale, che ha coinvolto l’impiego di auto-ipnosi combinato con tecniche ipnotiche finalizzate al rafforzamento dell’Io, parallelamente a un progetto terapeutico di più ampio respiro, i sintomi del paziente si sono ridotti, è diventato più assertivo, ha imparato a rilassarsi e a godere sia del suo lavoro che dei momenti di svago. Inoltre, durante il secondo anno di trattamento, i suoi sintomi sono gradualmente scomparsi, portandolo a piena remissione del disturbo (Frederick, 2007).
Riferimenti bibliografici
Rachman, S.; DeSilva, P. (1978) Abnormal and normal obsession, Behavior Research and Therapy, 16, 233-248.
Rachman, S. (1997) A Cognitive Theory of Obsessions, Behavior Research and Therapy, 35, 793-802.
McGuire, P.K.; Bench, C.J.; Frith, C.D.; Marks, I.M. (1994) Functional Anatomy of Obsessive-Compulsive Phenomena, British Journal of Psychiatry, 164, 459-468.
Frederick, C. (2007) Hypnotically Facilitated Treatment of Obsessive-Compulsive Disorder: Can it BeEvidence-Based?, International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 55, 189-206.
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Distinti saluti